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Aggiorniamo la Strategia Anti Covid

Aggiorniamo la Strategia Anti Covid

Draghi finalmente cambia

Il Governo Draghi, a trenta giorni dal suo insediamento, mostra un significativo cambiamento di azione per il contrasto all’attuale pandemia.
Finalmente la macchina organizzativa è diretta da una persona competente e i meccanismi girano ben oleati.
Non possiamo esimerci, però, dal formulare critiche costruttive e suggerimenti per il bene comune.
Il prof. Guido Rasi, già ex presidente dell’Icmra, la coalizione che riunisce le autorità regolatorie del farmaco di tutto il mondo, fino a pochi mesi fa direttore esecutivo dell’Ema, l’agenzia europea del farmaco, in una intervista del 26 febbraio u.s. ha manifestato seri dubbi sul raggiungimento della così detta immunità di gregge entro l’autunno dato che essa si realizza solo con la immunizzazione completa, e non solo con la vaccinazione, di almeno l’80& della popolazione sopra i 12 anni. A ciò si aggiunga la necessità di ripetere la vaccinazione annualmente e la concomitanza delle vaccinazioni anticovid con quelle ordinarie per l’influenza.
Il medesimo concetto è stato ripreso dal prof. Giorgio Parisi, Presidente della Accademia dei Lincei nella sua audizione al Senato del 9 marzo 2021.
Si spiega in quel documento che raggiungere l’immunità di gregge è un imperativo categorico, ma comporta il corollario che essa richiede percentuali di vaccinazione reali maggiori di quelle di cui sino ad oggi si è parlato (90% invece che 70% a causa della maggiore contagiosità delle nuove varianti e del calcolo circa la efficacia non al 100% del vaccino) ed inoltre una diffusione territoriale che va ben oltre il nostro Paese, ma coinvolge anche l’Europa e il resto del mondo. Osserva Parisi che non vi è solo la considerazione di un dovere morale nei confronti degli altri Paesi soprattutto non in grado di organizzarsi da soli, ma anche una questione di pura autodifesa. Se non si blocca l’epidemia nel terzo mondo il virus continuerà a circolare e a mutare e quindi a diventare più contagioso o più letale. Non sarebbe più possibile contenere le varianti.
Il documento Parisi conferma la pianificazione di Figliuolo circa il traguardo a regime di 500.000 dosi al giorno dalla metà di aprile in poi, già auspicato da rasi nella intervista citata, e il completamento del piano entro l’autunno.

La immunità di gregge non basta

Ma purtroppo, il documento Parisi pone sull’avviso circa la necessità, quand’anche tale risultato fosse raggiunto, di continuare le vaccinazioni a fronte del problema dei richiami e delle varianti al virus. In questo l’opinione coincide con quella del prof. Rasi.
Insomma, ci si apre uno scenario possibile, anzi probabile, in cui la mobilitazione vaccinale e la certezza della immunità di gregge si traspongano ben al di là dell’autunno prossimo. Non solo, questo allungamento di una situazione emergenziale non è privo di conseguenze lungo termine. Infatti, non si tratterebbe solo di completare una pianificazione vaccinale nei dettagli e limandone gli aspetti ancora incompleti, ma di continuare ad agire in una situazione di per sé ancora pandemica. Nel senso, cioè, che non potremmo dire nell’autunno che la pandemia è debellata e il virus eradicato, ma solo che abbiamo raggiunto un livello di copertura appena tranquillante e instabile. Dovremmo cioè ammettere che il virus continua a circolare e che, soprattutto se continua a variare, la trasmissione esponenziale del contagio potrebbe anche riprendere.
Ciò a mio avviso corrobora la convinzione che il pur ottimo Governo Draghi sul punto stia commettendo un errore strategico, continuando nella politica del ministro Speranza e del CTS dei soli lock down, sia pure in concomitanza con la campagna vaccinale.
Vaccinazione di massa e riduzione dei contatti sociali
In effetti, il Governo basa il suo intervento sul raggiungimento di due obbiettivi strategici: la vaccinazione di massa e la eliminazione o riduzione dei contatti sociali nel corso dei quali il virus si trasmette.
Esaminiamoli entrambi.

Vaccinazione di massa

Il primo si appalesa insufficiente da solo a porre in sicurezza il Paese, per due motivi. Prima di tutto per quanto si è osservato prima, e nello stesso documento Parisi, e cioè che anche il raggiungimento dell’obbiettivo pianificato non darebbe la certezza di avere risolto la situazione e si dovrebbe continuare una vasta campagna di vaccinazione, per un tempo non prevedibile. Quindi completare la vaccinazione dell’intera popolazione è un imperativo, ma da solo potrebbe essere insufficiente, o comunque condurre a una situazione instabile.
Lo stesso obbiettivo strategico, inoltre, è soggetto a una alea di rischio elevata.
Il piano, infatti, dipende in primo luogo dalla perfezione dei meccanismi logistici, sulla quale confidiamo attesa la notoria efficienza del generale Figliuolo e della logistica militare. Tuttavia ben sappiamo che talvolta vi sono situazioni imprevedibili e impreviste che nella specie potrebbero far calare il ritmo delle 500K dosi giornaliere assolutamente indispensabile negli scenari ipotizzati sia da Rasi sia da Parisi. Ciò costituisce un fattore di rischio da considerare nel bilanciamento decisionale.
In secondo luogo, la consegna dei vaccini non si appalesa, allo stato attuale, come un flusso certo, per le note vicende (tra cui ultima la sospensione di AZ). Anche per questa essenziale certezza, delle consegne certe nel tempo, nello spazio e nella quantità, affrontiamo un rateo di rischio molto elevato. Non solo per le asserite difficoltà produttive, ma anche per la possibilità che intorno alla questione dei vaccini si giochino partite geopolitiche non controllabili dai singoli Paesi.
In conclusione, il raggiungimento del primo obbiettivo strategico è sottoposto ad un rischio di fallimento abbastanza elevato, o quanto meno tale da spostare molto avanti nel tempo il raggiungimento della tranquillità sanitaria. Potrebbe andare tutto alla perfezione, ma con buona probabilità anche no ed è dovere di tutti prevedere anche il protrarsi di una situazione simil emergenziale per alcuni anni, anche se ormai trasformata in una situazione a regime.

Riduzione dei contatti sociali

Al primo obbiettivo strategico descritto, quindi, deve affiancarsi un obbiettivo strategico complementare che accompagni l’azione vaccinale per tamponare medio tempore il problema dei contagi.
Qui si appunta la critica. La complementarietà di questo secondo obbiettivo strategico non è limitata al completamento del piano vaccinale, come abbiamo posto in evidenza prima, ma destinata a durare nel tempo fino ad una fine che non è dato oggi ipotizzare. Ne consegue che l’obbiettivo scelto dal Governo è in sé sbagliato.
Esso si sostanzia nelle azioni dirette a impedire o diminuire i contatti sociali, ma non la trasmissione del virus, il che non è la stesa cosa.
Si obbietterà che impedire i contatti sociali serve appunto a impedire la trasmissione, ma è facile replicare che questo tipo di intervento manifesta un altissimo livello di irrazionalità, perché non aggredisce la causa del male, cioè la trasmissione del virus da persona a persona, ma solo uno degli strumenti di essa, per altro con una visione empirica e, allo stato, non ancora suffragata da certezze scientifiche, quali la effettiva distanza di trasmissione, il veicolo di essa, una certezza sui comportamenti dei corpi allo stato di aerosol etc.

Effetti collaterali del lock down

A ciò si aggiunga la considerazione tranciante che gli effetti non intenzionali degli strumenti necessari a raggiungere l’obbiettivo, sostanzialmente i vari lock down, sono insopportabili per una società, dal punto di vista sia economico sia psicologico, sia pedagogico.
Nel bilanciamento dei vari interessi, quindi, il Governo ha perpetuato la fallimentare politica del Conte2, sostanzialmente ripetendo il lock down (mascherato col giochino delle le regioni colorate, ma fino ad aprile sostanzialmente di lock down totale si tratta). Metodologia che abbiamo già sperimentato e che si è rivelata, a medio tempo, un vero fallimento. Non ha impedito, infatti, la seconda e terza ondata e non impedirà le prossime (salvo l’effetto concomitante dei vaccini che nel frattempo saranno somministrati) perché qualunque chiusura non è in grado di assicurare l’eliminazione al 100% dei contatti e quindi delle trasmissioni.
E’ corretto ritenere che in un frangente di vera emergenza, cioè di un fatto improvviso e imprevedibile come avvenne lo scorso anno, il lock down fosse l’unica misura immediata possibile, ma oggi a distanza di un anno tale situazione diviene inaccettabile. E, sia detto per inciso, dimostra la assoluta inefficienza e incompetenza del Governo Conte2 e del suo Ministro della salute.
L’associazione Lettera 150, ad esempio, già mesi addietro aveva sollevato la stessa problematica, proponendo dieci interventi da porre subito in cantiere proprio diretti non ad impedire il contatti sociali, ma la trasmissione (“Attrezzarsi Per La Resilienza Del Sistema Paese”, sul n. 3, anno I della rivista Lettera150). L’elenco delle misure proposte si trova in calce al presente articolo.
Per brevità cito, solo a mo’ di esempio, il raddoppio dei mezzi di trasporto pubblici, (invocato sin da ottobre 2020 anche da Francesco Vaia direttore dello Spallanzani) mediante l’utilizzazione dei mezzi militari e privati requisiti, il raddoppio delle aule e degli insegnanti, ovvero un serio impegno finanziario per la fornitura alle famiglie dei device per la DAD e degli abbonamenti gratuiti con i provider. Misure, queste ultime, attivate dal Ministero in quantità ridicola rispetto al fabbisogno perché non finanziate, l’investimento in apparati di disinfezione degli uffici pubblici e privati e delle scuole ed altri.
Giova osservare che il sottosegretario al ministero della Istruzione Rosario Sasso ha recentemente affermato che: “”Oggi le scuole purtroppo non sono luoghi sicuri … Le scuole proposte in piena pandemia erano identiche a quelle pre-covid, al di là di qualche precauzione”. Il che equivale a confermare ciò che emergeva dagli studi sugli aerosol del prof. Saccani per conto di Lettera150.
In sostanza, l’obbiettivo deve essere quello permettere alla società di vivere la sua vita quasi normalmente, perché garantita che quelle attività usuali, come la frequentazione degli uffici pubblici degli autobus e delle metropolitane, delle palestre, delle scuole, dei ristoranti etc., avviene sotto l’usbergo di protocolli, strumenti, apparati tecnici, infrastrutture che riducono il rischio contagio a livelli epidemiologicamente accettabili.

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